DISTURBI ALIMENTARI
Varese, l’anoressia colpisce a 7 anni
Fenomeno sempre più dilagante, la risposta delle strutture sanitarie provinciali
L’età in cui si inizia a soffrire di anoressia si è abbassata fino a 7 anni e non c’entrano modelli sbagliati, passerelle di moda, influencer che vestono la taglia 38, ma solo un disperato bisogno di contatto e di amore. Ecco perché durante la pandemia - con le restrizioni, la didattica a distanza, il divieto alla socialità- sono aumentati i casi di anoressia, facendo lievitare i numeri di un’emergenza a cui purtroppo è difficile trovare una risposta da parte delle istituzioni.
Si stima che i disturbi alimentari – che non fanno distinzione tra maschi, femmine, bambine, adolescenti, adulti – colpiscano più di 8mila persone ogni anno, per un totale di oltre 3 milioni di malati sul territorio italiano, a fronte di un migliaio di posti in degenza nelle strutture dedicate. In Lombardia si sono fatti passi avanti, grazie anche all’impegno di Emanuele Monti (presidente della commissione sanità della Regione) e ad Alberto Pozzoli, presidente della Clinica Miralago. Regione Lombardia, infatti, ha approvato la Legge n. 2 del 23 febbraio 2021, “Disposizioni per la prevenzione e la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e il sostegno ai pazienti e alle loro famiglie”.
STRUTTURE AD HOC
Sul nostro territorio ci sono strutture – come la clinica Miralago di Cuasso al Monte– a cui, vista la specificità del percorso di cura, afferiscono persone da tutta l’Italia. Il comune di Varese ha aperto uno sportello dedicato ai problemi alimentari, «perché vogliamo che il fenomeno attenui i suoi effetti» ha spiegato il sindaco di Varese Davide Galimberti. Ma tutto questo non basta, non è ancora sufficiente.
Alle carenze istituzionali e sanitarie si somma lo stigma: rifiutare il cibo, in molti casi, invece che il disturbo qual è, viene reputato ancora un capriccio. «Mangia, non vedi che così fai schifo?» si è sentita dire Marilù, una delle ragazze citate dal libro “Affamati d’amore” di Fiorenza Sarzanini, edito da Solferino Libri e presentato giovedì sera a palazzo Estense, nell’ambito di una serata da sold out.
FAMIGLIE IN DIFFICOLTÀ
I genitori spesso non vogliono vedere i problemi, non se ne accorgono. Spesso le cause del dimagrimento non vengono fatte risalire a un problema di salute, ma a una dieta, a un incremento dell’attività fisica, allo stress. Si fatica a vedere il problema: ovvero che l’anoressia poggia su un cortocircuito mentale di ossessioni che una volta instaurato è difficile da arrestare. Riducendo il cibo, si afferma la convinzione che la mente può essere padrona del corpo, e può non c’entrare una delusione d’amore, un problema in famiglia, o chissà quale altra causa esterna.
LE TESTIMONIANZE
«Io mi sono ammalata di anoressia in un periodo in cui la mia vita era felice» ha spiegato Sarzanini, che ha sofferto di anoressia a 23 anni.
«Tra i pazienti ci sono persone ricche intellettualmente – ha testimoniato Camilla Callegari, direttore della scuola di specializzazione in psichiatria di Varese – Nell’anoressia la percezione di sé stride rispetto a come si è veramente. E’ una malattia che richiede un approccio multidisciplinare».
Poi ci sono i fenomeni sociali, come i gruppi “proana”, molto partecipati dalle vittime dell’anoressia, in cui si fanno competizioni online in cui vince chi perde più peso e chi riesce a stare più tempo senza cibo. Mostruosi i decaloghi di comportamento che vengono diffusi su questi canali, che non fanno altro che rafforzare l’ossessione della magrezza in persone che già ne soffrono. «Una delle pazienti più giovani arrivata nel nostro reparto partecipava in modo attivo a questi gruppi» ha detto Giorgio Rossi, direttore della neuropsichiatria infantile di Varese.
«L’anoressia talvolta compare in gioventù e si porta dietro per anni e anni, si manifesta come un’ossessione per la perfezione, un tarlo nella testa che impedisce di vivere con gioia e completezza» ha detto l’autrice. Ma uscirne si può, se si riconosce il problema e si accetta un percorso di cura. Come ha testimoniato Vanessa, un’altra delle ragazze citate nel libro e presente alla serata: «Adesso che mi sono ripresa la mia vita, non intendo lasciarla più».
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