L’APPUNTO
Timido e feroce, i due volti di Jannik
Il commento di Andrea Anzani sul fenomeno Sinner
Il commento di Andrea Anzani all’ultima impresa di Sinner, alla grandezza di Jannik, a questo patrimonio dello sport italiano.
«Per fortuna Anna Kalinskaja gli ha preso la testa tra le mani e l’ha baciato in mondovisione dando soddisfazione a tutti coloro che non aspettavano altro che vedere quel momento.
Quell’imbranato di Jannik si sarebbe infatti limitato a darle l’abbraccio che si dà a una zia e non alla fidanzata. Timidissimo, riservato, per nulla incline alle smancerie, ma irresistibilmente tenero con i bambini, il numero uno al mondo è quel tipo di persona della quale dire: “Come fai a non volergli bene?”. Del resto anche Jack Draper, suo avversario in semifinale, nell’elencare un difetto del rosso se ne è uscito con un «è troppo buono». Ma è davvero così?»
«La faccia pulita, zero tatuaggi, quel cepuglio di capelli rossi in testa contenuti dal cappellino con la visiera, il vezzo, quasi un tic, di sistemarsi sempre i ciuffi dietro le orecchie durante le interviste: Sinner piace così tanto perché è così tanto diverso dal prototipo del campione un po’ tamarro e molto arricchito di questi anni».
«È una boccata di aria fresca, è il campione che non uscendo mai dalle righe, offre sempre riflessioni mai banali. Riservato e composto ma affamato e determinato. Perché, e fin qui non abbiamo scritto del giocatore, quel che impressiona di Jannik è la ferocia nel lavoro, quando scende in campo e quando deve compiere delle scelte».
«L’ossessione del miglioramento probabilmente è una questione di genetica, l’etica del lavoro gli è stata trasmessa dalla famiglia, il saper guardare avanti fa parte del suo bagaglio in costante aggiornamento. Due scelte forti sono alla base della sua esplosione: quella di “mollare” il suo pigmalione tecnico, lo storico allenatore Piatti senza troppe remore, e il “no” alla convocazione per la Coppa Davis del settembre ’23. Momenti che hanno sollevato un polverone mediatico ma che Sinner ha attraversato senza farsi toccare e condizionare». «Non è andata così, invece, per la questione Clostebol, la positività senza dolo che lo ha fortemente segnato. Ma ad affrontare il ciclone c’era già uno Jannik formato e più robusto, già forte e con la testa “da Sinner” che è quella che agli US Open gli ha fatto vincere le partite. E ora? A 23 anni con due Slam e 16 titoli in bacheca è bene sapere che torneranno momenti difficili e arriveranno anche sconfitte pesanti perché a quel livello la normalità non è la vittoria. Una delle grandi doti di Jannik è che sa trattare allo stesso il trionfo e la disfatta, a noi resta che godercelo tutto dentro e fuori da un campo».
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