ELEZIONI USA
Il germe dell’autoritarismo alberga nei democratici
Eluse le primarie nella scelta di Kamala Harris. La selezione della candidata presidenziale è emblematica di un tradimento. I dem americani agiscono in modi che contraddicono i loro stessi valori
Sono profondamente preoccupato per una crisi emergente nel modo di essere democratico nei diversi paesi. La minaccia non è solo esterna, esogena ai sistemi democratici. È purtroppo interna, e mette in luce un dato di fatto intrinseco. Le nostre democrazie, grandi o piccole, nuove o vecchie che siano, non maturano mai completamente, e portano con se, ancora, il germe, seppur ben celato, dell’autoritarismo. L'ultimo esempio è stato il recente svolgimento della Convention dei Democratici americani. La gestione della candidatura presidenziale di Kamala Harris da parte dei Democratici sembra contraddire i principi che i movimenti democratici affermano di sostenere a livello internazionale, non solo negli USA.
In un paese come gli Stati Uniti, che si posiziona come una delle democrazie più avanzate del mondo, questi eventi sollevano interrogativi seri sulle tendenze del migliore sistema politico occidentale. Preoccupa altresì, il giubilo internazionale e italiano, soprattutto mediatico e propagandistico, che ha accompagnato questo tradimento del meccanismo stesso democratico.
La democrazia rappresenta un mezzo attraverso il quale i cittadini possono esprimere le loro aspettative, bisogni e desideri, giudizi sui comportamenti, in un processo di negoziazione tra i conviventi per migliorare li rapporti fra i cittadini e quindi ampliare le Libertà. L’assenza di una partecipazione autentica e inclusiva minaccia il nucleo stesso di questo sistema. E mentre affrontiamo le minacce esterne da gruppi fondamentalisti e regimi autocratici, siamo anche testimoni di una minaccia interna, forse più insidiosa, che erode le fondamenta della democrazia dall’interno.
Le elezioni primarie del Partito Democratico e la successiva “selezione” di Kamala Harris come candidata presidenziale sono emblematiche di questo tradimento. Invece di promuovere un processo aperto e competitivo, i Democratici americani hanno optato per un sostegno quasi automatico al Presidente uscente, Joe Biden, nonostante il suo declino fisico e mentale fosse già evidente. Questa decisione ha impedito un vero confronto di idee e visioni diverse, essenziali per il rinnovamento che i Democratici affermano di voler portare avanti, addirittura per salvare la libertà degli USA dall’ex Presidente Donald Trump. Quando Biden ha poi annunciato il suo ritiro sotto la pressione di gruppi di potere interni ed esterni ai Democratici, la Vice Presidente Kamala Harris è stata rapidamente “selezionata” come candidata principale, eludendo il processo delle vere primarie che avrebbero potuto essere un terreno fertile per nuove idee e direzioni politiche. Il poco tempo prima delle elezioni è una scusa per nascondere la mancanza di volontà. Se l’obiettivo è preservare la libertà USA dal pericolo trumpiano, è davvero contraddittorio farlo adottando lo schema del “sovrano” e dei “sudditi”, di per sé ostile alle Democrazie.
La trasformazione mediatica di Kamala Harris, passata da vicepresidente relativamente poco conosciuta e scarsamente apprezzata dai sondaggi e dagli stessi membri del suo partito, a un’icona politica in brevissimo tempo, solleva forti interrogativi sul ruolo propagandistico dei media e dei creatori di contenuti sui social nel modellare le percezioni pubbliche senza occuparsi del dibattito o del confronto critico tra i cittadini. Questa dinamica ricorda il “Tumulto di San Martino” descritto magistralmente da Manzoni, dove la realtà si mescola alla percezione popolare guidata da narrazioni potenti ma potenzialmente distorte. In questo clima emotivo e ideologico, un candidato privo di idee e progetti concreti può risultare paradossalmente più accattivante di politici con posizioni ben definite e quindi potenzialmente divisivi su temi critici. In questo modo, ogni democratico ha la possibilità di proiettare sul candidato idealizzato i propri interessi personali, correndo il rischio che, come nel caso della presidenza di Obama, molte aspettative rimangano insoddisfatte e prescindano dai fatti reali.
Questo scenario riconferma lo schema antidemocratico in cui il “Sovrano” - oggi rappresentato dai gruppi di interesse e in genere da chi ritiene di sapere lui quali siano le cose utili al convivere - impone le proprie scelte ai “Sudditi”, con il supporto di una propaganda efficace. In sostanza, l’istituto della Democrazia viene astutamente utilizzato come uno strumento per illudere i cittadini, mascherando scelte di mero potere con la facciata del consenso popolare.
Il discorso tenuto dalla Harris alla Convention ne è la più concreta dimostrazione. Lo conferma la (non) posizione sul conflitto tra Israele e palestinesi, perché evidenzia una mancanza di comprensione profonda dei problemi che pretende di risolvere, riducendo la politica a mera retorica senza sostanza.
Questo modo di procedere, come criticato apertamente da figure come Robert F. Kennedy, mostra come i Democratici, purtroppo, rischino di diventare i traditori dei principi di partecipazione, confronto aperto e libertà di informazione, fondamenti da cui non può prescindere ogni democrazia funzionante. Insomma, di fronte a minacce come quelle da Putin, dalla Cina o dai fondamentalisti iraniani, dobbiamo anche vigilare attentamente contro coloro che, pur professandosi democratici, agiscono in modi che contraddicono questi stessi valori.
© Riproduzione Riservata