L’INTERVENTO
Molina, «verità senza secondi fini»
C’era anche un sacerdote nel Consiglio d’amministrazione messo alla porta dall’Ats
Distratti o, peggio, conniventi?
«Semplicemente attenti alle persone, a chi è più fragile e più soffre. Perché questo è il Molina: un luogo dove gli anziani sono accolti e curati nella loro debolezza e nel loro dolore».
Don Mauro Barlassina, decano della città, e don Marco Cassale, parroco di San Carlo, sono i sacerdoti varesini che negli ultimi anni hanno occupato una poltrona nel consiglio d’amministrazione della casa di riposo di viale Borri.
Il passaggio di consegne tra i due risale alla scorsa primavera. Tradotto: don Barlassina era in carica quando, nell’autunno 2015, il Molina accordò alla società Rete 55 Evolution il prestito di 450mila euro che ha scatenato lo tsunami di polemiche e inchieste sull’istituto.
Don Casale, che lo ha sostituito, è invece stato espulso insieme agli altri amministratori dal decreto di commissariamento dell’ente emesso la scorsa settimana dall’Agenzia di tutela della salute. «In verità - spiega don Mauro -, io non ero presente alla riunione in cui fu approvata la sottoscrizione di quelle obbligazioni. Ma non è questo il problema».
Negli uffici della Canonica di San Vittore, insieme con il prevosto monsignor Luigi Panighetti, i due religiosi rileggono il diario degli eventi degli ultimi mesi con una sola preoccupazione: «Un passaggio di chiarezza, rispetto alle voci che troppo a lungo si sono rincorse, è semplicemente doveroso. Siamo invece totalmente estranei ad altre logiche, alle polemiche e alle tentazioni di strumentalizzazione. Oggi come ieri abbiamo a cuore solo il bene della Fondazione Molina e la tutela di una capacità di servire le persone anziane che è iscritta nella storia della comunità varesina fin dal 1837, quando un lascito di don Giuseppe Veratti (anche se negli atti ufficiali è citato Giuseppe Verrati) diede origine a quest’opera. La presenza di un rappresentante della Chiesa locale, designato dal prevosto e nominato dal sindaco, è segno di una fedeltà a questa storia e di un impegno costante nel tempo accanto a centinaia di famiglie e degli operatori che ogni giorno sostengono la vita degli ospiti».
La qualità delle prestazioni nell’istituto non è mai stata messa in discussione.
«Il Molina è molto più di una casa di riposo - sottolinea don Barlassina -, si fa carico di situazioni di estrema complessità: pazienti in stato vegetativo, malati di Alzheimer, ricoverati in geriatria psichiatrica. E’ uno spazio di civiltà e di speranza».
Una convenzione con la Diocesi, in fase di rinnovo, prevede la presenza a tempo pieno di un cappellano, oggi don Ernesto Mandelli, e anche di una piccola comunità di suore della Santa Croce.
Figure discrete e preziose.
«L’assistenza spirituale non verrà meno» assicurano i sacerdoti.
Quanto alle indagini sulle operazioni finanziarie e allo scontro che sta avvelenando i palazzi della politica e non solo, il monito della Chiesa è esplicito: «Sia fatta chiarezza in una esclusiva prospettiva di legalità, senza altri scopi. A noi interessano le persone che vivono in quelle stanze. Non conosciamo le motivazioni che hanno indotto l’Ats a decidere il commissariamento, ma ribadiamo l’unica nostra preoccupazione: che nessuno, per nessuna ragione, perda di vista il bene dell’istituto, dei suoi ospiti, dello loro famiglie e di tutti dipendenti».
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