L’OPERAZIONE
Malpensa ceduta. Busto incassa 600mila euro
Vendute al privato le quote azionarie (0,055%) in Sea. L’ex sindaco Rossi: «Errore volare basso»
Mancano solo gli ultimi dettagli burocratici, ma ormai la cosa si può dare per fatta: Busto Arsizio è fuori da Sea, cioè dalla società che gestisce gli aeroporti lombardi, rinunciando a una seppur minima partecipazione alle scelte della società.
Anche la quota residua di azioni rimaste (per la precisione lo 0,05556 per cento del totale) è stata messa in vendita e il principale fondo privato presente fra i soci - la 2i Aeroporti Spa - se l’è aggiudicata presentando l’unica offerta al bando d’assegnazione.
Un addio un po’ nostalgico, ma giustificato dal fatto che in questo modo l’amministrazione comunale ha messo in tasca un tesoretto, ovvero 600mila euro. Soldi che certo danno respiro a un Comune sempre più alle prese con bilanci complicatissimi da far quadrare.
«Una scelta obbligata»
Ne è convinto il sindaco Emanuele Antonelli, che proprio non dà l’impressione di aver compiuto una mossa storica ma si limita a guardare i numeri nella cruda realtà: «Come soci non contavamo praticamente più nulla in assemblea. Davanti a una somma così importante da incassare, non ho il minimo dubbio che sia stato giusto scegliere la strada della dismissione delle quote, garantendoci un buon margine d’azione per compiere investimenti e opere utili alla città».
Oltretutto il privato ha speso 50mila euro in più di quanto era stato messo a base d’asta per completare l’acquisizione della minuscola porzione di quote rimasta in dote alla Manchester d’Italia, la città cioè in cui il grande sogno della Malpensa è germogliato. Già, perché è storia vera quella che l’aeroporto della brughiera fu in origine quello di Busto.
Il decollo avvenne nel 1948
Lo crearono alcuni imprenditori appena dopo la guerra, strutturando una zona di decollo e atterraggio laddove in precedenza c’erano solo strisciate d’asfalto utilizzate per gli scali militari. Il 22 maggio 1948 venne costituita la Società Aeroporto di Busto Spa, con primo presidente l’allora sindaco Giovanni Rossini e una cda molto alla bustocca, con figure che hanno lasciato il segno e tra le quali spicca il nome di Benigno Airoldi, a lungo tempo nominato dal municipio (quando ancora ne aveva il potere) quale amministratore nel Cda. Assieme a loro sedevano nella stanza dei bottoni Pietro Tosi, il ministro della difesa Cipriano Facchinetti, poi Ettore Rossi, Pier Francesco Binaghi, Rinaldo Martegani, Guido Sironi, Carlo Comerio, Ersilio Confalonieri, Giovanni Maria Cornaggia Medici, Enrico Tosi e il conte Leonardo Bonzi.
Il 21 novembre del ‘48, all’aerostazione situata in quello che oggi è il Terminal 2, atterrò il primo quadrimotore, dando l’avvio dell’avventura vera e propria, indirizzata a una rapidissima crescita che portò la struttura a un passo dalla dimensione intercontinentale.
Per raggiungerla fu necessario chiamare in causa la città di Milano: che accettò, fece investimenti poderosi e prese progressivamente potere. Tant’è che il 12 maggio 1955 gli azionisti decisero di cambiare nome all’ente trasformandolo in Società Esercizi Aeroportuali (appunto Sea) e spostarono la sede legale dai confini bustocchi al capoluogo lombardo.
Da lì in poi Palazzo Gilardoni ha avuto sempre meno peso sulle scelte, defilandosi fino a una posizione di ultra minoranza, con quote da prefisso telefonico. Una presenza ininfluente, se non per chiedere ora un bel malloppo - ovvero 600mila euro - per lasciare ad altri la microfetta della torta. Così, sotto Ferragosto, la città ha smesso di volare.
«Un errore rinunciare a volare alto»
E tra i primi a storcere il anso per la scelta dell’attuale giunta c’è il decano dei sindaci bustocchi, già senatore Gian Pietro Rossi.
«Penso - dice Rossi - che in questo momento si stia vendendo un pezzo della nostra storia. Ricordo, a chi non lo sapesse, che quello era l’aeroporto Città di Busto Arsizio, creato attorno alle piste paramilitari che vedevo da bambino, grazie all’intuizione degli industriali bustocchi che capirono la strategicità di essere in prima fila nel trasporto di persone e merci».
Però ammetterà che le cose sono molto cambiate da allora. O no?
«Se si riferisce alle quote azionarie, quello è ovvio, perché l’ingresso del Comune di Milano e il nostro progressivo indietreggiamento furono un obbligo per rendere la struttura intercontinentale. Ma l’aeroporto io continuo a considerarlo un po’ nostro. C’è dentro il Dna della nostra impresa».
Dà almeno ragione ad Antonelli sul fatto che i soldi incassati sono importanti in questo momento di magra?
«Ci mancherebbe, il denaro fa comodo sempre. Ma è un modo di pensare che appartiene appunto a un ragioniere-commercialista più che a un politico».
Cosa dovrebbe fare un politico?
«Ragionamenti di ampio respiro. Rendendosi conto che, anche a fronte di un introito importante, fa tristezza rinunciare al passato e al desiderio di grandeur. Io di quest’ultimo aspetto ero obiettivamente ammalato e, leggendo questa notizia, credo che altri della mia età (Rossi ha da poco compiuto 90 anni, ndr) verseranno lacrime di nostalgia».
Sta dicendo che è una mossa sbagliata quella di vendere la partecipazione?
«Sui conti non metto becco, l’esperto è lui. Penso solo che noi in passato avevamo le ali e, se non le avevamo, provavamo a farle crescere per volare. Oggi invece c’è una politica diversa, orientata a vivere alla giornata, e ci si è affidati a una persona bravissima nello svolgere questo compito».
Suvvia, non mettiamola giù dura per lo 0,055 per cento delle quote...
«Beh, che ormai contavamo niente lo so. Però lasciatemi dire che io un occhio sul mondo l’avrei tenuto. Quando Malpensa era di Busto, mi presentai da sindaco (con la fascia tricolore legata in vita come si usava allora) ad accogliere a fine giugno del 1963 il presidente americano John Fitzgerald Kennedy, in visita in Italia pochi mesi prima di essere ucciso. Era diretto a Roma, ma atterrò qui perché era l’unico scalo nazionale in grado di accogliere velivoli di un certo tipo. È un ricordo indimenticabile. Che, per fortuna, non si può vendere».
© Riproduzione Riservata