BIOGRAFIA
Macchi, l’uomo dalla marcia in più

A ripercorrere la sua attività di sportivo si stenta a crederci. Il quarantacinquenne varesino Fabrizio Macchi è passato dal canottaggio agli scii, dal podismo al ciclismo, dalle discese con Alberto Tomba alle maratone di New York, dalle medaglie olimpiche alle false accuse di doping, con una disinvoltura che farebbe supporre abbia una marcia in più.
Di certo si tratta di una marcia mentale prima che fisica, perché deve compensare un handicap. Fabrizio non ha una gamba. L’ha persa nell’infanzia a causa di un tumore osseo. Ora che si è ritirato dall’agonismo ha deciso di affidare la sua storia a un fumetto che ha affidato a una persona speciale. Chi volesse saperne di più deve recarsi alla biblioteca comunale di Saltrio, in via Pompeo Marchesi, mercoledì 20 aprile alle ore 20.45, per un evento organizzato dall’associazione Amici del Monte Orsa. L’ex Azzurro, che ora vive in Svizzera con la moglie Patrizia e i due figli Thomas e Mattia, presenta «Il mio papà ha una gamba sola» (Camaleonte editore), un libro biografico scritto da Thomas su mandato del padre.
Fabrizio Macchi, come nasce l’idea di un libro scritto da suo figlio maggiore, che va ancora alle elementari?
«Molto semplicemente. Mi è venuta in seguito alla proposta da parte del giornalista Francesco Menichella, che voleva spingermi ad affrontare un’autobiografia con lui. Gli risposi che io l’avevo già scritta e pubblicata, un’autobiografia, nel 2006 con il titolo di Più forte del male. Non mi sembrava una buona idea pubblicarne un’altra, anche perché non avrei avuto niente da aggiungere alla prima versione. Però arrivammo a un compromesso: affidare la stesura di una biografia a mio figlio maggiore Thomas, che ha nove anni e ha sempre raccontato con sorprendente bravura la mia storia ai suoi amici».
Da dove prende spunto la storia?
«Da due gigantografie che mi riguardano e che si trovano accostate l’una all’altra all’interno dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano: una in bianco e nero rappresenta mio padre che mi tiene in braccio, l’altra a colori rappresenta me che tengo in braccio Thomas. Da qui prende piede il racconto, che è poi diventato un fumetto grazie ai disegni di Marco Bolla. Si parla di sport, disabilità, ma anche di bullismo. Su questo aspetto però preferisco non approfondire e lasciare ai lettori la curiosità di scoprirlo».
Cosa l’ha colpita tanto del racconto di suo figlio da convincerla ad affidargli una sua biografia a fumetti?
«In particolare sono rimasto colpito dalla trasparenza e dalla semplicità con cui ha saputo raccontare le cose che mi riguardano, le vicende della mia vita e della mia attività sportiva. Ci sono difficoltà che alla gente sembrano insormontabili solo perché non sono abituate a considerarle in modo positivo».
In che senso?
«Voglio dire che generalmente siamo spinti a focalizzare la nostra attenzione sulla gamba che manca e non su quella che c’è. Così facendo, stando a pensare a quella che non c’è, non si considerano le potenzialità di quella che resta. Si tende sempre a ingigantire ciò che va male, a discapito di ciò che va bene. Invece io dico: focalizziamoci sulle cose positive, su quello che sappiamo fare bene e non su quello che non sappiamo. È un cambio di prospettiva determinante e Thomas ha dimostrato di interpretare bene il messaggio».
Qual è la marcia in più di questo libro?
«Un po’ quella che ho provato a metterci nello sport. Ho iniziato a dopo la perdita della gamba: otto anni di canottaggio, poi atletica, le maratona e lo scii, che ho lasciato e ripreso recentemente. Quindi sono passato al ciclismo, che mi ha regalato i maggiori successi. Sono arrivate le medaglie alle olimpiadi di Sydney e altre sarebbero potute arrivare, ma non è andata così. Mi hanno fermato ingiustamente e anche Thomas ci è rimasto male perché era già pronto a venire a Londra con me. Ora però ho voltato pagina e voglio mettere a frutto un diploma di fisioterapia per aprire un ambulatorio accessibile a tutti, che mi permetta di lavorare sugli sportivi sia dal punto di vista fisico, che da quello mentale, non meno importante».
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