L’INTERVISTA
«Così ho cantato La Prealpina»
L’arte di Tommaso Paradiso, leader dei Thegiornalisti spiega il suo show per Aurora Ramazzotti

«Sarà l’Aurora», cantava Eros Ramazzotti nel 1996, in omaggio alla figlia (Aurora, appunto) avuta con l’allora compagna Michelle Hunziker.
Ne è passata di acqua sotto i ponti. Capita allora che quella neonata si fa donna, e sulla propria strada s’imbatte nella band italiana del momento, ovvero i Thegiornalisti. Destino curioso per entrambi: la figlia del celebre cantante si trova nei panni dell’intervistatrice e Tommaso Paradiso - frontman dei Thegiornalisti - in quelli dell’intervistato di lusso.
Tutto questo finisce su Freeda Media, «un progetto editoriale che celebra la libertà e i tanti modi di essere di una nuova generazione di donne».
Una miscela potenzialmente esplosiva, considerando che Tommaso è un istrione, un personaggio vero e autentico, molto attivo sui social: insomma, un figlio della generazione di artisti 2.0.
Aurora con un microfono in mano, Tommaso pronto a rispondere: tutto normale, oseremmo definirla un’intervista di routine. Se non fosse che all’improvviso spunta un quotidiano, che caso vuole fosse proprio La Prealpina, e la figlia di Ramazzotti chiede a Paradiso di cantare i titoli della prima pagina.
Impossibile a non chiedere proprio a Paradiso, che coi Thegiornalisti è ormai diventato un personaggio a tutto tondo, la genesi di questa simpatica parentesi.
Come è nato il tutto?
«La cosa - spiega - non era assolutamente preparata, lo giuro! Non voglio mai sapere cosa succede in un’intervista, altrimenti si perderebbe la spontaneità. Aurora si è presentata con La Prealpina, e anch’io mi sono stupito perché non potevo immaginare quale fosse il nesso con il vostro quotidiano, e soprattutto cosa sarebbe successo. A quel punto però sono entrato nella parte, e ho letto le notizie cantando. Alla fine è stata una situazione carina, e ne è nata una bella intervista. Insisto, nella di preparato».
Rappresentate la punta dell’iceberg di un fermento musicale che viene dal basso ma che ha ottenuto un successo non preventivabile. Avete aperto parecchie porte anche sui media fino ad ora impossibili da raggiungere per le band cosiddette indipendenti; cosa pensi della scena musicale italiana attuale?
«Devo dire che per abitudine non razionalizzo mai. Se pensassi a dove suonavo qualche tempo fa e al fatto che ora riempiamo i palazzetti, a Roma come a Milano, davvero non ne uscirei. La vivo esattamente come facevo cinque anni fa. Sto con gli amici, rido, mangio e bevo con loro, faccio quello che facevo prima. Quello che abbiamo fatto noi, ma anche altri come Brunori o Calcutta, è una cosa piuttosto nuova: quell’indie che non è più definibile tale. Gianna Nannini durante i Wind Music Awards ha dato una definizione che per me calza a pennello: alternativi e commerciali. Alternativi perché non siamo omologati ai suoni che usano nel mainstream ma commerciali perché alla gente la nostra musica piace.
E molto, almeno a giudicare dai numeri degli spettatori ai concerti e dagli attestati di stima sui social.
«Questa per me è una nuova ondata, paragonabile a quella di quando il rap è esploso in Italia. L’hip hop veniva dal sottobosco ed è diventato mainstream. Anche perché forse era venuta a mancare la canzone italiana propriamente intesa, in quanto i cantautori erano relegati esclusivamente alla scena indipendente. Questo almeno fino a due anni fa. Poi le radio se ne sono finalmente accorte, e noi non abbiamo fatto altro che riadattare i nostri brani al contesto attuale con dei suoni moderni».
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