CORONAVIRUS
Bravi dentro la tragedia
L’ex dg dell’Asst Sette Laghi, ora a Bergamo, racconta le sue settimane nel cuore della pandemia: «Per resistere bisogna avere qualcosa che ti sorregga nei momenti di sconforto»
«Affrontare la realtà in modo sereno. Questo continuo a ripetermi. Dare fiducia a chi lavora con me in questa tragedia. Come si può andare avanti?».
Callisto Bravi è stato direttore generale all’Asst Sette Laghi e ora che è tornato nella sua terra d’origine, vive la pandemia in un ruolo tanto scomodo quanto cruciale. Quello di direttore sanitario dell’Asst di Bergamo Ovest, due ospedali, Treviglio e Romano di Lombardia, un bacino d’utenza di 500mila persone.
Settimane intere senza sosta, solo qualche ora di sonno, senza allontanarsi dall’ospedale.
Le immagini delle bare che se ne vanno da Bergamo con i camion militari hanno inciso la tragedia per sempre nella memoria collettiva.
Come si può andare avanti a lavorare e pensare e decidere per tante persone, le strategie sanitarie migliori, in momenti come questo?
«Bisogna avere dei punti fermi all’esterno della realtà con la quale si viene in contatto quotidianamente. Bisogna credere, ognuno in ciò che vuole. Bisogna avere degli affetti e delle amicizie solide. Qualcosa che ti sorregga nei momenti di sconforto. Se si è strutturati, se si hanno punti di riferimento solidi, si può reggere a tanto dolore, altrimenti credo sia impossibile».
L’ex manager degli ospedali varesini racconta che «lavorare insieme, con un bel gruppo, affiatato, senza tensioni, dà fiducia. Ecco è questo il problema: non farsi sopraffare dall’ansia quando tutto attorno sembra essere travolto. La solidarietà tra i professionisti: diteci che cosa c’è da fare, ci siamo, hanno detto molti. Bisogna riuscire ad avere uno sguardo positivo, essere un po’ ottimisti serve per evitare che lo sconforto abbia il sopravvento. Sapere di aver persone vicine anche se lontane fisicamente, fare correre il pensiero ai propri cari, essere consapevoli di quanto la solidarietà tra colleghi e operatori possa essere grande, aiuta molto».
Ha parlato di necessità di grande equilibrio o della capacità di mantenere il contatto con la realtà che non sia fatta solo di coronavirus e tragedie, per difendersi dai ricoveri, dalla triste e terribile conta dei morti.
«Credo che tutti abbiate visto e letto che cosa è accaduto, qui. Vi dico soltanto una cosa: l’altro giorno ho raggiunto il necroforo, una persona che era abituata a vedere un cadavere o due al giorno, non decine. Ecco, ho voluto dire che ci sono, che ci siamo, che comprendiamo la drammaticità della situazione».
Tra i tanti problemi, avete anche voi quello dei dispositivi di protezione?
«No, a dire il vero, qui in prima linea per tante settimane abbiamo ricevuto rifornimenti e quando abbiamo capito che cosa stava accadendo, per quanto possibile, abbiamo fatto scorte».
Avete tanto personale positivo al coronavirus?
«Qualcuno, certo, è inevitabile che anche gli operatori si ammalino, ma la situazione è sotto controllo».
Trovare qualcuno nella Bergamasca che non sia stato toccato direttamente o indirettamente dalla pandemia, negli affetti più cari, è impossibile.
Quanti letti avete dedicato al Covid-19?
«Su un totale di 350 posti letto, al momento ne sono attivi 227 ai quali ne vanno aggiunti 17 di rianimazione. Inoltre, sempre nelle rianimazioni, ne attiveremo a breve altri 6, mentre già domani (oggi, ndr), nei reparti dovremmo aprirne 25 destinati ai pazienti positivi».
Ha sentito qualcuno, dall’ospedale di Varese, in queste settimane?
«Sì, alcune amicizie rimangono. So che da voi la situazione è meno complicata, ma è una battaglia per tutti».
© Riproduzione Riservata