Difesa
Uranio, Difesa condannata per morte militare: "Dotazioni inidonee"
Decesso a 24 anni per linfoma di Hodgkin dopo missione a Sarajevo
Roma, 6 giu. (askanews) - Il Tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Difesa al pagamento di 641.512 euro come risarcimento ai familiari del caporal maggiore Adolfo Corrado Antonio Di Giacobbe, militare dell'Esercito che prestò servizio a Sarajevo, Bosnia-Herzegovina, nel 1997 e nel 1998 in occasione delle missioni di peace keeping in cui erano coinvolti i contingenti militari italiani "Costant Guard" e "SFOR".
Di Giacobbe era stanziato presso la caserma "Tito Barrack" di Sarajevo, con mansioni di cuciniere e addetto al vettovagliamento. Dal 1998, al ritorno dalla missione in Bosnia, aveva iniziato ad accusare sintomi di malessere, poi evoluti nel linfoma di Hodgkin, la patologia cancerogena che lo aveva portato alla morte il 6 novembre 2001, a 24 anni. Successivamente gli eredi di Di Giacobbe citarono in Tribunale il Ministero della Difesa e il Ministero dell'Economia e delle Finanze per chiedere il risarcimento dei danni patiti a seguito del decesso del militare. Secondo i familiari il Ministero della Difesa non avrebbe dotato i militari, stanziati nelle zone interessate dalle missioni nell'ex Jugoslavia, degli opportuni dispositivi di sicurezza idonei a prevenire l'inalazione e in generale il contatto con polveri di uranio impoverito.
Con la sentenza n. 11408/2017 pubblicata oggi, rilanciata dall'Osservatorio Militare, il Tribunale ha dato ragione ai familiari spiegando che "dall'articolata istruttoria documentale, dall'escussione dei testimoni e dalle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio emerge un quadro sufficientemente chiaro delle responsabilità del Ministero delle Difesa convenuto in ordine al decesso del caporal maggiore Di Giacobbe. I militari italiani furono inviati nelle zone dei Balcani con materiale in dotazione del tutto inidoneo a prevenire il contagio con le microparticelle di uranio impoverito disperse nell'aria e nelle acque dei luoghi interessati dalle missioni di peace keeping. Come chiarito da entrambi i testimoni escussi, i militari italiani (e, dunque, anche Di Giacobbe) avevano in dotazione esclusivamente una maschera NBC e un telo protettivo (denominato poncho) insufficienti ad evitare il contatto tra il militare e le microparticelle". Inoltre, si legge ancora nella sentenza, "per le mansioni di cuciniere e vettovagliamento svolte dal Di Giacobbe, questi utilizzava l'acqua del posto, assai probabilmente contaminata, come del pari riferito dai testimoni, senza che alcuna specifica precauzione".
Per i giudici dunque "l'omissione, da parte dell'amministrazione responsabile della salute e della sicurezza del proprio personale dipendente (Ministero della Difesa), delle idonee cautele a prevenire il contatto con le microparticelle di uranio impoverito ha contribuito a cagionare la patologia denominata linfoma di Hodgkin, che ha poi condotto al decesso del caporal maggiore".
Il Tribunale ha così condannato il Ministero della Difesa al risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio per una somma totale di 641.512 euro, suddivisi tra familiari ed eredi di Di Giacobbe.
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